8. L’INCLUSIONE NELLA SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO

Sempre l’art. 12 comma 2 della l. n° 104/1992, nell’affermare il diritto degli alunni con disabilità di accesso alle scuole di ogni ordine e grado, include ovviamente anche quello di frequenza delle scuole secondarie di secondo grado.

Comunque tale diritto è rafforzato dalla sentenza n° 215/1987 della Corte Costituzionale e dall’art. 24 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con la l. n° 18/2009.

Per un’inclusione di qualità in questo grado di scuola è come sempre indispensabile una corretta programmazione sin dal momento dell’iscrizione a gennaio dell’anno precedente la frequenza.

Però per le scuole secondarie di secondo grado c’è una novità normativa. La C.M. n° 262/1988 aveva stabilito che fosse necessario un attestato rilasciato dal medico legale per le iscrizioni ad istituti superiori che dichiarasse se vi potessero essere rischi per l’incolumità degli alunni con disabilità, stante la presenza di laboratori, ad es. di meccanica, di cucina etc. Inoltre la scuola avrebbe dovuto pronunciarsi circa l’utilizzabilità del diploma con riferimento all’attività lavorativa che ne poteva scaturire, nel senso che se l’alunno avesse potuto incontrare dei pericoli o se malgrado gli studi effettuati l’alunno, data la sua disabilità non avesse potuto svolgere le attività lavorative conseguenti, sarebbe stata vietata l’iscrizione a quel tipo di scuola.

A seguito delle proteste delle associazioni che trovavano tale circolare in netto contrasto coi contenuti della sentenza della Corte citata, il Ministero dell’Istruzione apportò delle modifiche a questa parte della C.M. n° 262/1988 che furono rese definitive nella C.M. n° 363/1994. In questa nuova circolare si precisa che deve essere effettuata una verifica della pericolosità dei laboratori al fine di individuare possibili accorgimenti che elimino i rischi per l’alunno; solo se non sia possibile rimuovere tali rischi, per quell’anno e in quella scuola l’iscrizione non è possibile. Nella prassi le scuole, anche in presenza del divieto della ASL, accettano l’iscrizione e la frequenza di tali alunni escludendoli però dalla frequenza dei laboratori.

Non si fa più riferimento alla coerenza tra studi seguiti, disabilità e possibile attività lavorativa conseguente; la ragione è chiara: una cosa è il titolo di studio, altra lo svolgimento di attività lavorative; quindi il diritto allo studio è autonomo rispetto al diritto al lavoro. Ciò mostra come l’ingresso alla scuola secondaria di secondo grado, ritardato sino alla pronuncia della Corte costituzionale, trovava difficoltà di attuazione data una mentalità poco inclusiva di tali scuole.

Altra particolarità riguarda la nomina dei docenti per il sostegno. L’art. 13 comma 5 della l. n° 104/1992 stabiliva che la nomina dovesse avvenire in una delle quattro aree disciplinari indicate nella normativa ministeriale al fine dell’equivalenza delle abilitazioni per il loro raggruppamento in area linguistica, area scientifica, area tecnologica, area psicomotoria. Si sosteneva allora che ciò avrebbe facilitato il sostegno didattico dei docenti che erano anche abilitati in una delle discipline rientranti in una delle quattro aree.

Purtroppo questa normativa è stata male applicata; infatti le aree hanno facilitato la delega dei docenti curricolari ai docenti per il sostegno abilitati nelle stesse discipline; inoltre si verificava una grande discrezionalità nell’individuazione delle aree nelle quali nominare il docente. Addirittura talora si era sviluppata la prassi di nominare quattro docenti per il sostegno, ciascuno per una delle aree disciplinari; tutte queste cose non giovavano a realizzare una buona qualità inclusiva delle scuole.

Così, su richiesta delle associazioni, la l. n° 128/2013 all’art. 15 comma 3 bis ha abrogato il riferimento alle aree disciplinari ed ormai i docenti per il sostegno vengono nominati sulla base di elenchi in cui entrano tutti i docenti per il sostegno secondo l’ordine di graduatoria, siano essi a tempo indeterminato che determinato. Comunque, subito dopo l’iscrizione il dirigente scolastico deve riunire il gruppo di lavoro (GLHO) composto da alcuni docenti della sua scuola, alcuni della scuola secondaria di primo grado di provenienza che conoscono l’alunno, gli operatori sociosanitari e la famiglia. Questo gruppo deve leggere la Diagnosi Funzionale ed il Profilo Dinamico Funzionale che deve essere da loro aggiornato e predisporre, entro maggio, un abbozzo di PEI con le richieste  di risorse  necessarie per l’anno scolastico successivo.

All’inizio di settembre il dirigente scolastico deve convocare un GLHO composto dal consiglio di classe assegnato all’alunno, che insieme alla famiglia ed agli operatori socio-sanitari, provvede a puntualizzare l’abbozzo di PEI steso a maggio. In tale circostanza si dovrebbe decidere se impostare un PEI semplificato (o per obiettivi minimi della classe) o differenziato (O.M. n° 90/2001 art. 15 commi 3 o 5). Ovviamente si decide a maggioranza e la minoranza deve accettare la scelta della maggioranza; non è consentito formulare un PEI misto, cioè in parte semplificato e in parte differenziato, poiché i due tipi di PEI sono alternativi quanto ai risultati legali, portando il semplificato al diploma, mentre il differenziato porta solo al rilascio  dell’attestato coi crediti formativi maturati. In caso di PEI semplificato, a mio avviso, ogni docente curricolare dovrebbe indicare quali sono gli obiettivi minimi che ogni alunno della classe dovrebbe raggiungere per ottenere una valutazione di sufficienza. Ovviamente gli alunni che pervengono con l’attestato al termine degli esami conclusivi del primo ciclo (ex terza media) debbono necessariamente svolgere un PEI differenziato, come espressamente stabilito dall’art. 11 comma 12 dell’O.M. n° 90/2001. Dal momento che l’art. 15 comma 5 della stessa ordinanza stabilisce che se la famiglia pretende il PEI semplificato (anche contro la volontà dei docenti) prevale la volontà della famiglia, ritengo che ciò valga solo in presenza di alunni in possesso del diploma conclusivo del primo ciclo d’istruzione (ex terza media), non potendosi ammettere che la volontà della famiglia possa prevalere sul netto dettato del citato art .11 comma 12 dell’O.M. n° 90/2001. Comunque, sempre in base al citato art. 15 comma 5, la famiglia deve essere ufficialmente informata che in tal caso l’alunno “ai soli fini della valutazione” non verrà considerato con disabilità; ciò significa che l’alunno verrà valutato come i compagni (pur s con la possibilità di svolgere prove equipollenti) e potrebbe quindi anche essere bocciato, mentre col PEI differenziato egli conseguirà l’attestato evitando così la bocciatura.

Comunque, stabilisce sempre la stessa norma, che in ogni momento il consiglio di classe può deliberare il passaggio da un PEI differenziato ad uno semplificato, senza necessità di prove di idoneità o integrative, essendo detto consiglio in possesso di tutti gli elementi per adottare tale decisione. Anche qui ritengo debba trattarsi di alunni già in possesso del diploma conclusivo del primo ciclo; ragionando diversamente, si attribuirebbe al Consiglio di classe, ratificato dal GLHO, il potere di disattendere una norma costituzionale, come l’art. 33 comma 5 della Costituzione, secondo la quale per passare da un grado all’altro di scuola occorre aver superato  positivamente un esame di Stato.

Il PEI degli alunni con disabilità, sia esso semplificato o differenziato, deve ormai prevedere anche le numerose ore di alternanza scuola-lavoro obbligatoriamente inserite nell’arco dell’ultimo triennio di scuola secondaria di secondo grado dalla l. n° 107/2015.

Anche qui, come nella scuola secondaria di primo grado, la valutazione intermedia e finale dovrà prevedere anche il livello delle competenze acquisite, oltre che quello degli apprendimenti (l. n° 107/2015 art. 1 commi da 33 a 44).

Nel caso di PEI semplificato, se la valutazione globale di fine anno non è soddisfacente, l’alunno potrà ripetere l’anno, mentre se si rilevassero esiti negativi in alcune discipline, il Consiglio di classe può deliberare dei debiti da saldare a settembre o entro il termine dell’anno successivo (l. n° 1/2007 e D.M. applicativi n° 42/2007 e n° 80/2007 e dell’O.M. n° 92/2007).

Ovviamente per l’ammissione agli esami l’alunno, come pretende il DPR n° 122/2009 deve raggiungere la sufficienza in tutte le discipline. È però da tener presente che i voti assegnati dai singoli docenti sono solo proposte di voto, poiché la votazione conclusiva è oggetto di delibera del Consiglio di classe ed esso può deliberare a maggioranza l’ammissione agli esami di un alunno che abbia delle proposte di voto inferiori alla sufficienza. In tali casi la normativa (D.Lvo n° 297/1994, art. 197 comma 4) stabilisce che per voto di consiglio i voti inferiori al sei passano automaticamente a sei.

Per gli alunni con disabilità ammessi agli esami, talora accade che le famiglie non li facciano presentare agli esami, al fine di mantenerli nella scuola come ripetenti, non essendovi sufficienti risposte extrascolastiche  sul territorio. È questa una prassi assai diffusa specie nel centro-sud del Paese. Essa però si fonda sull’ignoranza della normativa in tema di ripetenze non solo da parte delle famiglie, ma anche dei docenti e dei dirigenti scolastici. Infatti, se è vero che la mancata presentazione agli esami è causa automatica di bocciatura per legge, non è altrettanto automatico che alla bocciatura segua la ripetenza, essendo essa oggetto di delibera del Consiglio di classe e, per una seconda ripetenza del Collegio dei docenti, sentiti gli esperti in campo psicopedagogico (D.Lvo n° 297/1994 art. 192 comma 4).

A mio avviso, se un alunno con PEI differenziato, ammesso agli esami, non si presenta, non può chiedere la ripetenza, dal momento che il suo PEI non è finalizzato a raggiungere gli obiettivi dei programmi ministeriali, ma quelli personali dell’alunno. Pertanto una delibera di ripetenza non dovrebbe essere consentita al Consiglio di classe. Ove ciò avvenga, a mio avviso, si avrebbe una visione distorta dell’inclusione scolastica, anche se dovuta alla volontà di trovare un’occupazione del tempo da parte dell’alunno privo di altre prospettive sul territorio. Ma così facendo, a mio avviso, si violerebbe la logica della qualità inclusiva che non è quella del “parcheggio”.

Avv. Salvatore Nocera
FISH Nazionale
(Federazione Nazionale per il Superamento dell’Handicap)